Primo anno di mandato, il sindaco De Toni traccia un bilancio: «La manovra Robin Hood la rivendico con orgoglio»

Martedì 16 Aprile 2024 di Camilla De Mori
Sindaco Alberto Felice De Toni

Alberto Felice De Toni, a pochi passi dal suo cartonato con i pollicioni alzati, traccia il bilancio del suo primo anno da sindaco.

Ed è una valanga di parole alla voce "fatto", assistita da un foglio zeppo di cifre.


Le rifaccio la domanda che le feci il 17 aprile 2023 dopo l'elezione. Lei è felice di nome e di fatto, oggi, dopo un anno da sindaco?
«Sì, sono invariante ai risultati, come dicono i Gesuiti».


La città è più felice dopo un anno della sua giunta?
«Secondo me sì. Lo dicono anche i risultati. Il fatto che a dicembre siamo stati premiati con la prima posizione in Italia per qualità della vita è un dato oggettivo. Non è solo merito mio, anzi il merito maggiore va a chi ha governato nei primi 15-20 anni».


I partiti di maggioranza le danno 8, quelli di minoranza gravemente insufficiente. Lei che voto si dà?
«È meglio che i voti li diano i cittadini».


Di cosa va più orgoglioso?
«L'operazione più importante è stata la revisione Irpef, che ho chiamato Robin Hood. Il 37% degli udinesi non pagherà l'Irpef e abbiamo introdotto il principio costituzionale della progressività. Grazie a questa operazione che porta una stima di circa 7,4 milioni...».


Non 8,5?
«Lo sapremo a fine 2024, sono stime. Le cifre oscillano fra 7,4 e 8,5 milioni».


De Toni a questo punto fa la lista degli impieghi di quei soldi, dall'assistenza agli indigenti alle nuove assunzioni. «Se non avessimo fatto questa operazione non avremmo potuto fare un sostegno effettivo di politiche sociali, del verde, delle manutenzioni e del personale. L'operazione più importante, anche se è stata la più criticata, è stata questa».


Scalettaris dice che l'aumento dell'Irpef è una cosa da valutare. Anche in maggioranza ci sono opinioni diverse.
«Sì, siamo una maggioranza extralarge. Abbiamo dentro persone del Terzo polo che ovviamente vedono l'operazione di rimodulazione dell'Irpef, che favorisce i meno abbienti e tocca il ceto medio. Non mi sorprende. Dall'altra parte abbiamo i Verdi che non vorrebbero che facessimo la nuova sede della Protezione civile. È ovvio che in una grande maggioranza... Lei si ricorda che Prodi è caduto due volte: una volta è caduto per Rifondazione a sinistra e una volta per Mastella a destra».


Lei evoca la caduta...
«No, ma io ce l'ho ben presente. Io sono a geometria variabile. Qualche volta non abbiamo i voti dell'uno o i voti dell'altro. Ma questo non mi sorprende. Abbiamo liberi consiglieri in libera maggioranza. Non è una caserma».


Il tema dei minori stranieri è tuttora irrisolto.
«Ma i minori stranieri non sono un problema del sindaco. Non possiamo immaginare che il tema della sicurezza sia di esclusiva gestione del sindaco. La sicurezza è in mano al Prefetto. Chi dice il contrario dice il falso».


I minori stranieri per norma sono sotto responsabilità del sindaco, però.
«Ma hanno delle norme dello Stato gestite dal Prefetto su cui il sindaco conta zero. Chi invoca il sindaco sta facendo un'operazione di tipo populista».


Com'è la situazione per lo stadio?
«Stiamo sbloccando lo stadio 2.0 con l'Udinese. Nonostante le cause che sono in piedi, siamo ormai in dirittura d'arrivo».


E le cause a che punto sono?
«Abbiamo deciso che le cause vadano per la loro strada perché alcune sono al primo stadio, alcune al secondo alcune in Cassazione. Fare delle transazioni diventava complicato. Abbiamo deciso di andare avanti con i lavori dello stadio, senza passare per la conferenza dei servizi. I tempi? Siamo pronti per la firma. Loro hanno chiesto delle piccole altre modifiche. Le stiamo valutando, ma abbiamo già scollinato. Siamo in discesa».


Rapporti con i sindacati sul nido. Perché ci ha messo 9 mesi per vederli?
«Non è vero. Li ho incontrati immediatamente e ho detto che per le relazioni sindacali abbiamo una terna di dirigenti. La questione vera è un'altra, che siccome non volevano andare sulla gestione indiretta del nido, hanno iniziato a sollevare questioni. Abbiamo fatto due incontri, poi c'è stata la conciliazione dal prefetto».


Dove non si è conciliato però.
«Se fossimo andati sulla linea dei sindacati avremmo dovuto rinunciare all'aumento dei servizi».


Di questa prima annata c'è qualcosa che non rifarebbe, un errore? Di cosa si è pentito?
«Se avessi saputo che a Maignan la minoranza non avrebbe voluto dare la cittadinanza onoraria, non avrei fatto la proposta. Con il senno di poi, non l'avrei fatta. Ma non immaginavo assolutamente».


La minoranza la attacca sulla rivoluzione dei rifiuti. La Lega dice che in un anno avete messo 50 cestini.
«Che poi sono 150. La Net ha varie questioni interne aperte. Abbiamo condiviso con la presidente il percorso che vogliamo attuare per portare le utenze più grandi, il 10% degli utenti, sulle isole ecologiche. È un'operazione che non si fa in un anno. La direzione è intrapresa, ci sono dei preventivi. Fra un anno la situazione sarà diversa. I conti? Stiamo discutendo con la Net. Tra un anno faremo i conti sul serio».


Saper delegare e circondarsi di una squadra di bravi è il suo marchio di fabbrica dagli anni dell'università. Con la politica di mezzo è più difficile. Crede di esserci riuscito?
«Ho fatto una scelta estremamente coraggiosa di riconoscere come assessori le persone scelte dai cittadini. La scelta è che il consenso viene dai cittadini e quindi gli assessori portano il consenso e le competenze ce le hanno i dirigenti. La giunta è molto coesa, c'è un buon clima».


Non ha mai pensato al rimpasto?
«No».


Secondo alcune indiscrezioni lei non avrebbe visto male Colautti in giunta. È così?
«Ma Colautti non poteva venire in giunta, perché non era stato neanche eletto».


Ma non le sarebbe dispiaciuto?
«Ma io ne ho tanti consiglieri che mi piacerebbe avere come assessori. Ho anche Vigna che lo avrei fatto assessore alle comunità religiose, Garlatti Costa al plurilinguismo. Infatti gli do delle deleghe».


Darebbe un voto ai suoi assessori?
«Ma lei ha mai visto un padre che fa differenze fra i suoi figli?».


Lei è favorevole al terzo mandato?
«Di chi?». E l'intervista si chiude con una risata.

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