I dati ufficiali sulla produzione ancora non ci sono, ma per gli agricoltori i dubbi sono pochi: il 2023 è stato uno dei più difficili degli ultimi 15 anni. «Olive, nocciole, uva, un disastro su tutta la linea», spiega il presidente provinciale della Confederazione italiana agricoltori, Sergio Del Gelsomino.
La prima stima è peggiore di quella della media nazionale.
LE CAUSE
Uscire dalla crisi sembra meno facile del previsto: il freno a mano tirato dal governo sulla decontribuzione, la mancanza di incentivi, la carenza di forme assicurative contro gli eventi estremi e l’aumento di costi di produzione sono fattori che, messi insieme, sono in grado di scatenare una tempesta perfetta. Ne sanno qualcosa, ad esempio, gli agricoltori che nei giorni scorsi, hanno dato vita alla protesta dei trattori, sia a livello europeo, sia locale (con le marce a Viterbo, i blocchi a Orte e sull’Aurelia, i presidi nella Capitale).
IL CLIMA
«Ma il vero nemico – continua Del Gelsomino – è il mutamento climatico: non c’è più niente di normale e non so quanto gli agricoltori potranno sostenere questo livello di stress». Raccolti dimezzati, prezzi dei prodotti sul mercato primario che crollano (mentre volano nella grande distribuzione) ed impediscono il pareggio di spesa. «Il motivo della nostra preoccupazione non è difficile da capire, non c’è un manuale da studiare perché è sotto gli occhi di tutti – continua Del Gelsomino -. Poco tempo fa, in pieno inverno, le temperature diurne hanno toccato i 16 gradi. Un fenomeno che non è stato isolato ma si è ripetuto. Il risultato? Le piante hanno iniziato a svegliarsi, alcune sono già in fioritura con un mese di anticipo. Per fortuna, poi, c’è stato un fine settimana di freddo che ha fermato il processo. Ma andare avanti così è sempre più difficile».
La crisi delle campagne non tocca solo il settore orticolo e cerealicolo, ma colpisce duro l’intero comparto zootecnico. «Ovini e caprini ancora si salvano grazie alle esportazione, ma per l’allevamento dei bovini il futuro è scuro». Meno di due anni fa gli allevatori avevano vissuto il loro momento forse più drammatico: la carenza di pioggia aveva azzerato i pascoli. L’assenza di erba aveva cambiato la dieta degli animali e costretto gli allevatori ad alimentare il bestiame in maniera differente, puntando soprattutto sui mangimi i prezzi dei quali (dai cerali alla soia), avevano raggiunto livelli esorbitanti. Costi a cui si erano aggiunti quelli per l’elettricità, gonfiati dalla crisi energetica e dal caro bollette.