Al netto di sorprese negative dell’ultimo momento legate alla par condicio, il faccia a faccia televisivo tra Giorgia Meloni e Elly Schlein si farà.
C’è n’è uno preliminare: quando avremo l’Europa allargata da 27 a 35 Paesi, che significa maggiore competitività economico-industriale sullo scacchiere del mondo e un surplus di sicurezza e di deterrenza militare di fronte a possibili escalation o conflitti? Come uscire e come farlo subito dal cappio dell’unanimità che impedisce alla Ue di essere una potenza decisionale? E questo potrebbe essere un po’ il prologo del duello tivvù, la premessa da cui partire per poi sviluppare una scaletta. E noi ci permettiamo di suggerirne una possibile. Tale da evitare il bla bla, che specie se praticato dai leader - cioè dai migliori - rende ancora più flebile il rapporto di fiducia degli elettori con i politici. Argomenti solidi, molto tosti, da affrontare con il piglio della verità e con il coraggio dell’impopolarità. E insomma, al primo punto di questa scaletta non potrà che esserci la guerra o meglio: la guerra che l’Europa, insieme al resto dell’Occidente, sta perdendo nell’Ucraina invasa dai russi.
LA SCELTA
La risolutezza di Meloni e Schlein, su questo big problem, potrà rivelarsi l’atteggiamento più adatto a bucare l’attenzione collettiva. Le due dovranno scegliere che posizione avere sul’Ucraina. Non ci si può limitare più a dire «più armi» o a invocare una trattativa con Putin (che non la vuole) o sfoderare la retorica del «cessate il fuoco» (anche tra israeliani e palestinesi) che sta diventando una locuzione fastidiosa perché impalpabile. Come uscire dalla guerra senza darla vinta all’aggressore. Basta qualche parola di verità da entrambe e magari le stesse parole (Meloni è più libera di Schlein nel poter dire, come fa, che il sostegno a Kiev non potrà che aumentare, mentre Elly è gravata dalla propaganda Tarquinio-Strada su questo tema), per fornire all’opinione pubblica una traccia e una spinta per votare l’8 e 9 giugno (voto per una Ue militarmente più attrezzata così ci difendiamo tutti meglio da eventuali futuri conflitti?). Deterrenza, ecco, e non bandierine sventolate in video con su scritto la parola «pace» solo per prendere qualche voto sulla pelle di una nazione sovrana. Dare l’impressione di un’Europa consapevole e risoluta anche su un altro terreno. E qui arriviamo al secondo punto dell’ideale scaletta. Ovvero al nodo delle politiche sull’immigrazione. Ognuna delle due ha la sua, com’è naturale. Ma perché non dirsi e non spiegare che a Meloni non può più essere sufficiente la criminalizzazione delle Ong e che Schlein non può continuare a opporsi in maniera sterile senza proporre una vera alternativa agli accordi con la Tunisia e con gli altri paesi di provenienza e al Piano Mattei che pure è da perfezionare?
Invece di parlare di diritti secondo la retorica del «dirittismo», si può sostanziare il discorso facendoci dire che cosa le due leader vogliono fare sul futuro del welfare: nella sanità e nella prevenzione, oltre che nella previdenza. E già che ci stanno: perché non soffermarsi sull’istruzione che vede l’Italia con molti meno laureati rispetto agli altri Paesi europei e con insegnanti ancora non qualificati come dovrebbero? Ci si astenga in diretta da battutine e da faccette, please: considerando l’enormità delle tematiche.
LA SOSTENIBILITÀ
Il punto quattro: la transizione ecologica. Uscire dalla predicazione ideologica del green, per planare - chi più chi meno e con diverse sfumature lo possono fare entrambe, essendo leader di due partiti di popolo - sul nocciolo della questione ovvero sulla sostenibilità ambientale che deve camminare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica sennò il tutto si rivela un ennesimo tartassamento per i cittadini. A questo è connesso il punto quinto: quello del patto di stabilità. Altra materia su cui occorrono parole di sostanza. L’Italia - non dovranno avere paura di ricordare Meloni e Schlein - è tra i Paesi europei con deficit e debito pubblico più alti. Ciò richiederà sforzi aggiuntivi per conciliare finanze e sviluppo. «Io sarò capace di farlo», sarebbe bello sentire da Giorgia. «Io pure», ci auguriamo di ascoltare da Elly. In uno spettacolo che almeno stavolta abbia il ritmo della vita reale e non quello della finzione catodica.