VENEZIA - «Ci batteremo con la Procura perché l'imputato sia rinviato a giudizio e poi riceva una pena consona agli aberranti reati di cui si è macchiato». Così Cinzia Paoletti, l'avvocato che rappresenta la giovane vittima e sua madre, in vista dell'udienza preliminare di mercoledì dal giudice Benedetta Vitolo riscontrando la richiesta di processo del Pm Giorgio Gava per il 32enne, residente in un comune del Miranese, accusato di atti sessuali nei confronti di una bambina all'epoca dei fatti (2018-19) di soli otto anni e di detenzione di materiale pedopornografico.
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«Parliamo di imputazioni pesanti, atti sessuali su minori con aggravanti, in primis quella di essere stati commessi su una bimba di meno di dieci anni, e di detenzione di una quantità ingente di materiale pedopornografico comprese le foto delle parti intime della bambina scattate quando aveva ancora sette anni. Va fatta giustizia» prosegue il legale, che si costituirà parte civile per le sue assistite e che conferma come, dal fascicolo, emerga il coinvolgimento di almeno un'altra vittima minorenne identificata. Se non altro alla ragazzina sarà risparmiata l'ennesima tortura di dover comparire in aula, ci sarà solo la mamma: per lei la vicenda è stata un calvario anche a livello "processuale". «Mia figlia è stata ascoltata, e ha dovuto rivivere tutto, dai carabinieri, dal Pm, dallo psicologo e, sia pur in stanze diverse, è stata costretta a rispondere anche alle domande del difensore di colui che ha abusato di lei, a sua volta presente. Non è stato un anno facile e siamo solo all'inizio del processo - spiega la mamma - Oggi la mia bambina sta un po' meglio ma, anche se mercoledì non dovrà comparire in Tribunale, è già in ansia, non andrà a scuola. Man mano che emergevano i ricordi di ciò che ha patito sono iniziati gli incubi, di notte non dormiva, ed è arrivata a infliggersi atti di autolesionismo. Siamo entrambe in cura da uno psichiatra. E ogni nuovo elemento scoperto dall'inchiesta, non ultimi foto e video pedopornografici, per noi era un colpo, al pensare che mia figlia non sia finita solo nelle mani di un pedofilo, una persona che doveva essere quasi un fratello per lei e di cui ci fidavamo ciecamente, ma in tutto quel mondo di perversione che ci stava dietro. Atti che la disabilità di natura fisica di cui questi soffre, e con la quale il suo legale ha cercato di attenuarne la posizione, non possono neanche lontanamente scusare».