Rotta balcanica, a Trieste la protesta dei poliziotti: «I militari non bastano. Alle porte della città il degrado»

A questo punto il Siulp lancia alcuni segnali forti alla politica. «Si continuerà a far finta di nulla? A fare annunci roboanti ed irrealizzabili?»

Lunedì 28 Agosto 2023 di Loris Del Frate
Rotta balcanica, a Trieste la protesta dei poliziotti: «I militari non bastano. Alle porte della città il degrado»

TRIESTE - "Hotspot anzichè solamente spot". È questo l'ironico (ma non troppo) messaggio del Siulp regionale e provinciale di Trieste, il più grande sindacato di Polizia, sul fronte dei migranti in arrivo dalla rotta balcanica. Una situazione che sta mettendo in crisi anche l'organizzazione della Polizia a Trieste dove insite il maggior numero di migranti, quasi settecento. «Il fenomeno della rotta balcanica - spiega l'organizzazione sindacale - in epoca recente ha avuto ampio risalto mediatico. Ciononostante, a fronte di numerosi e roboanti annunci e proclami, la situazione è andata via via peggiorando fino ad arrivare allo sfacelo attuale.

Basta transitare in piazza Libertà quella che dovrebbe essere la porta di ingresso di Trieste vista l'attigua stazione ferroviaria, per notare l'estremo degrado, con numerose persone all'addiaccio, rifiuti, deiezioni ed altre amenità. La criticità è stata sostanzialmente scaricata sulle forze dell'ordine ed in primis la Polizia di Stato».

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LE RICHIESTE
A questo punto il Siulp lancia alcuni segnali forti alla politica. «Quali soluzioni a fronte di questo problema verranno poste in essere? Si continuerà a far finta di nulla? A fare annunci roboanti ed irrealizzabili? O viceversa a fare proclami ideologici, anch'essi altrettanto inattuabili? Posto che il fenomeno è lungi dall'essere arrestabile, bisogna allora riflettere su ciò che conta davvero: in primis le fasi di rintraccio, in cui appare imprescindibile un hotspot che va posizionato in una zona idonea, sicuramente a ridosso del confine italo - sloveno e non a Jalmicco nei pressi di Palmanova. Essenziale sarà inoltre che l'implementazione di questa struttura non costituisca un aggravio sugli organici locali della Polizia, già in forte deficit. I militari - sebbene costituiscano una risorsa aggiuntiva in tema di vigilanza - non contribuiscono alla trattazione degli atti, al trasporto e ad altre procedure, pertanto non rappresentano di certo la panacea di tutti i mali, come purtroppo va sostenendo qualche persona evidentemente non informata sui fatti».
Infine l'attacco. «La domanda da porci adesso è: perché c'è chi ora non vuole più l'hotspot? Perché tra i suoi detrattori vi è chi lo considera alternativo al sistema dell'accoglienza diffusa, che invece costituisce il passaggio successivo? E anche chi ha annunciato di volerlo introdurre, perché adesso sta proponendo soluzioni posizionate per l'appunto nell'entroterra, anziché al confine come sarebbe più opportuno? Viene quindi da pensare che manchi la reale volontà politica di dare soluzioni».

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