AZZANO DECIMO - La storia dell’azzanese Massimo Pavanel, ceo dell’azienda Devcore volato a Cupertino (Stati Uniti) nella sede centrale di Apple per testare l’Apple Vision Pro, ultimo progetto della casa della mela, può essere riassunta con la parola sogno: Il sogno di volare in America per incontrare gli sviluppatori più preparati al mondo, il sogno di riuscire ad ottenere questo privilegio grazie al sudore della propria fronte e il sogno di aver creato una sua azienda di sviluppo software che oggi gli ha permesso di discutere con gli ingegneri Apple del futuro dell’hardware e del software.
IL VIAGGIO
«È stata un’esperienza incredibile, per come è nata e per la sorpresa che mi ha fatto Apple due settimane fa mandandomi l’invito - racconta Pavanel -.
L’ESPERIENZA
Ma quello che ha affascinato e ha fatto breccia in Pavanel non sono stati solamente gli aspetti avanzatissimi in materia tecnologica che l’azienda offre, quanto l’aspetto umano: «Indubbiamente la cosa che mi ha colpito di più di questa esperienza è il fatto che tutti coloro con cui ho parlato dentro le mura di Apple avevano meno di 25 anni. Ho sempre creduto nel principio che la benzina per il motore di ogni cosa siano i giovani, e averne un’ulteriore conferma in America mi ha riempito il cuore».
Non trattiene la commozione Pavanel, consapevole che questo viaggio in America è stato possibile grazie ad una ragazza di 24 anni di Azzano Decimo, che in poco tempo è diventata la sua più stretta collaboratrice e la sua migliore sviluppatrice di software: «I giovani sono come delle spugne. Spesso questa è una frase fatta, ma lo sono veramente. In pochissimo tempo, questa ragazza è stata in grado di apprendere nozioni che altre persone avrebbero imparato in anni e anni di lavoro. Basta seguirli e ripagarli come li spetta. E questo è forse uno dei principi che Apple voleva dimostrarci».
Torna a casa ancor più legato a questo principio, Pavanel, che poco tempo va aveva presentato al Comune di Azzano una proposta di collaborazione sempre incentrata sui giovani. Ma soprattutto torna a casa orgoglioso di ciò che è stato in grado di realizzare in quasi trent’anni di lavoro e che oggi porta avanti con i «miei ragazzi», benzina per il motore che continuerà a macinare chilometri e successi in futuro, divenendo magari sia un punto di riferimento nell’industria dello sviluppo software che un esempio per moltissime aziende, che ai giovani preferiscono altro. «Dobbiamo credere in loro, se sono arrivato a questo oggi è anche e soprattutto grazie ai giovani».