Un nuovo caso scuote l’ospedale di Pordenone.
L’ESEMPIO
Ospedale Santa Maria degli Angeli, reparto di Pronto soccorso. Il contatto, in quest’area medica, è tra i più a rischio. I flussi sono costanti, le persone vengono dall’esterno, la procedura prevede triage serrati. Fa specie, quindi, che un’infermiera no vax lavori proprio lì. E soprattutto che possa ancora farlo nonostante sulla categoria si sia già abbattuta la scure delle sospensioni di massa. «Il problema - ha spiegato il presidente regionale dell’Ordine delle professioni infermieristiche, Luciano Clarizia - è legato a una mancata corrispondenza tra le liste consegnate dalla Regione al dipartimento di prevenzione e quelle di cui è in possesso l’Ordine professionale». Nelle prime il nome non compare, nelle seconde invece sì. «Per questo - ha spiegato Clarizia - abbiamo inviato una richiesta di chiarimenti urgente alla Regione, affinché la posizione sia regolarizzata al più presto». Tradotto, affinché l’infermiera non ancora vaccinata non sia più impiegata all’interno del Pronto soccorso ma aggiunta all’elenco che comprende già decine di professionisti sospesi dopo i controlli incrociati.
GLI “IRRIDUCIBILI”
Sempre all’interno della “galassia” no vax, aumentano anche in Friuli Venezia Giulia le segnalazioni relative a persone che si presentano in pronto soccorso con i sintomi del Covid ma che una volta ottenuto il responso positivo del tampone finiscono per rifiutare il ricovero disposto dal personale sanitario. Casi che per ora si contano sulle dita di una mano - si a a Udine che a Pordenone - ma che i vertici degli ospedali danno in netto aumento. Si tratta di pratiche pericolose, dal momento che la decisione su un ricovero viene presa perché le condizioni cliniche in quel caso richiedono un monitoraggio ospedaliero e non una degenza domestica.