Continuano le violenze e le repressioni da parte del governo di Teheran sui manifestanti in Iran. Da un paio di settimane, inoltre, il regime degli ayatollah ha cominciato a eseguire le prime condanne a morte. Dopo mesi di proteste, scaturite dalla la morte di Mahsa Amini, lo scorso 16 settembre, ormai per le strade delle città iraniane non si contano più i morti. Sono decine anche i prigionieri arrestati dalla polizia durante le proteste, e in un Paese dove da anni la comunità internazionale cerca di accendere un faro sulla violazione dei diritti umani e, in particolare quelli delle donne, ora le repressioni da parte del governo sui cittadini sembra aver raggiunto livelli di violenza senza precedenti.
La testimonianza
Il Corriere della Sera pubblica oggi sulle sue pagine le testimonianze di alcuni dissidenti arrestati durante le proteste, pesantemente torturati durante la detenzione.
Her name is #AidaRostami, a doctor who helped injured protesters in Iran. On Dec 12, she left the hospital & never came back. The next day police told her family she had an accident. No one believes the lies of the regime. @UN_HRC investigate! #MahsaAmini #مهسا_امینی #آیدا_رستمی pic.twitter.com/TUnkKnF6fR
— Omid Memarian (@Omid_M) December 16, 2022
Il Corriere riporta anche le parole di un'altra prigioniera, Sara, la quale però non parla degli abusi sessuali subiti, il ricordo è ancora troppo nitido «non riesco ancora a tornare con la mente a quei momenti».
«In prigione, i medici cercano di farti il lavaggio del cervello. Mi ripetevano: “Hai rovinato la tua vita, perché manifesti?”. Lo psicologo mi diceva che i giovani come me poi si suicidano: “Che senso ha una vita vissuta così?”», racconta Sara, che continua, «gli aguzzini convincevano i detenuti ordinari a maltrattarci. Mi imbottivano di pillole. Ero obbligata a ingoiarle, loro aspettavano che deglutissi. Se mi rifiutavo, la destinazione era la cella d’isolamento».