La decisione di cinque persone di intraprendere un viaggio pericoloso con il sottomarino Titan per visitare il relitto del Titanic sta sollevando interrogativi su molti fronti, compreso quello strettamente legale. Ora che è arrivata la notizia della morte dei passaggeri, le domande più importanti per alcuni esperti di diritto si concentrano sulle responsabilità assunte da persone e aziende che prendono parte ad attività oggettivamente rischiose: il viaggio guidato da OceanGate ne è un esempio.
La liberatoria
La prima questione spinosa è: quali sono le conseguenze legali in caso di decesso? Chi dovrebbe risponderne? È qui che la questione si fa delicata.
I nodi legali
Nora Freeman Engstrom, esperta di diritto alla Stanford University, ha affermato che una rinuncia firmata potrebbe non assolvere la società in un caso di omicidio colposo. «Se un operatore si comporta in modo sconsiderato, la maggior parte dei tribunali non lo assolverà di certo, a prescindere dai documenti firmati dai passeggeri», ha detto Engstrom. Molti moduli di rinuncia firmati prima che si svolgano attività ricreative ad alto rischio, come il paracadutismo, lo snorkeling o lo sci, sono spesso applicabili, purché siano scritti in modo chiaro, ha affermato Engstrom, che ha aggiunto che la portata di un incidente, qualora si verificasse, inoltre deve essere incluso nei contratti.
La clausola
David Pogue, ex passeggero del Titan, giornalista dell'emittente radiotelevisiva statunitense CBS, ha raccontato sui social network la sua drammatica esperienza, facendo riferimento proprio alle clausole. Pogue ha spiegato in un video che era assai nervoso prima dell'imbarco. Poi descrive alcuni contenuti del modulo di rinuncia che doveva firmare. Il documento descriveva il sottomarino come una «nave sommergibile sperimentale che non è stata approvata o certificata da alcun organismo di regolamentazione e potrebbe provocare lesioni fisiche, disabilità, traumi emotivi o morte».