Quindici anni, il minimo della pena. È la condanna inflitta in Spagna a Rassoul Bissoultanov, ceceno, per l'omicidio di Niccolò Ciatti.
Il processo
Il processo in Spagna si era aperto e chiuso in meno di una settimana. Già nel corso della prima udienza il 30 maggio erano stato ascoltati gli amici di Niccolò e gli investigatori. Poi il 3 giugno, il tribunale aveva dichiarato Rassoul Bissoultanov unico colpevole di omicidio volontario per la morte del ragazzo fiorentino. Era stato invece assolto Movsar Magomadov: sarebbe stato un semplice testimone di quanto avvenuto, secondo il pm, non un complice del ceceno condannato. La giuria popolare non aveva avuto dubbi: il calcio letale sarebbe stato assestato a Niccolò con l'intenzione di ucciderlo. Per l'ordinamento spagnolo spetta poi al giudice stabilire l'entità esatta della pena: che oscilla per l'omicidio volontario da un minimo di 15 anni, quella poi inflitta, a un massimo di 25 anni di carcere. La procura aveva chiesto 24 anni. «In tempi rapidissimi valuteremo l'impugnazione della sentenza», rende noto Agnese Usai, legale italiana della famiglia di Niccolò Ciatti.
Le reazioni
«I termini per l'impugnazione nell'ordinamento spagnolo sono brevissimi». Per la morte del giovane fiorentino è in corso un processo anche in Italia, a Roma, che riprenderà l'8 luglio. Lo scorso 22 giugno la Corte d'assise della Capitale ha infatti ritenuto «infondata» l'istanza avanzata dalla difesa di Bissoultanov, con cui si chiedeva di chiudere il processo italiano per il principio del 'ne bis in idem' dopo la sentenza di condanna di primo grado pronunciata in Spagna. «Questa sentenza ci ha lasciati amareggiati - commento Sandro Fallani, sindaco di Scandicci dove vive la famiglia Ciatti -. Non è un bel momento né per la giustizia, né per la comunità di Scandicci. Quindici anni sono davvero pochi, il minimo indispensabile. So che la famiglia Ciatti farà ricorso e noi saremo con loro».