La pandemia ha sconvolto il mondo, scardinato abitudini consolidate e aumentato la spesa per il welfare.
Oltre a esacerbare le differenze nella capacità dei sistemi regionali di far fronte alle crisi sanitaria. Secondo le stime del Think Tank “Welfare, Italia”, supportato dal gruppo Unipol con la collaborazione di Ambrosetti, la crisi Covid ha provocato un incremento generalizzato di tutta la spesa in servizi alle famiglie nel 2020.
L’OPPORTUNITÀ
In questo quadro le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza delineano un’opportunità irripetibile per il rilancio dell’Italia e anche per il sistema del welfare. Il think tank di Unipol stima che il Pnrr destinerà al comparto dei servizi sociali non meno di 41,5 miliardi, pari al 22% del budget complessivo. Cinque sono in particolare le priorità su cui intervenire secondo il pensatoio. Si parte con la digitalizzazione dei servizi di welfare: la proposta è creare un punto di accesso unico digitale per sanità, previdenza, formazione e politiche sociali. Segue il problema dell’evoluzione demografica del Paese, tenendo conto che l’incidenza della spesa pensionistica sul Pil raggiungerà il 17,3% nel 2040, un punto in più rispetto al 16,3% del 2018. Le idee suggerite sono: promuovere il risparmio previdenziale fra i giovani e valorizzare la telemedicina. Le altre tre direttrici riguardano il mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali. Per risolvere quello che viene chiamato il mismatch delle competenze, cioè un’elevata incidenza di lavoratori sovra-qualificati o sotto-qualificati rispetto alla loro effettiva mansione, si dovrebbe puntare sul potenziamento della formazione, oltre a migliorare il funzionamento dei Centri per l’impiego. Si chiede poi di ottimizzare la destinazione delle risorse del Reddito di cittadinanza (la crisi Covid ha fatto salire a oltre 2 milioni il numero di famiglie in povertà assoluta, con un’incidenza pari al 7,7%, per un totale di oltre 5,6 milioni di individui). Inoltre sarebbe necessaria una revisione del sistema degli ammortizzatori sociali attraverso l’attuazione di un meccanismo che vincoli i sussidi a percorsi di formazione e aggiornamento professionale. Infine si dovrebbe puntare a migliorare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Si stima infatti che l’eliminazione del gender pay gap e il pareggio del tasso di occupazione femminile con quello maschile potrebbero generare un valore economico pari a 110 miliardi per l’Italia, pari al 6,7% del Pil.